Un libro consente di
viaggiare anche se si rimane fermi a casa. Permette di incontrare molti
amici anche se si è soli. E questo, in tempi di pandemia, mi è parso
piuttosto significativo.
Anais Nin diceva che se si vedono
soltanto giganti, vuol dire che si sta guardando il mondo con gli occhi
di un bambino. Un po' per me è così.
Di giganti ne ho amati un paio.
Il primo era Polifemo. L'altro era quello che aveva un mantello, una
valigetta e che con orecchie enormi sentiva "i secreti mormorii
dell’universo"; quello che "quando tutti gli altri giganti se ne trotta
in giro per papparsi la gente dei vari popolli [...], corre in altri
posti per soffiare sogni nelle camere dei bambini dormentati".
Così,
ho provato a maneggiare questo mondo gigante, a tradurre il suo
invisibile. Ed è stato faticoso, difficile, perché io sono minuscola e
mi muovo meglio nei piccoli mondi, da dove vedo i giganti anche senza
gli occhiali.
E il libro gigante ha avuto una menzione speciale al concorso Libri fatti a mano.
Ho pensato a un libro gigante, che si potesse leggere, certo, ma fosse anche abitabile. Un libro alla maniera di Bruno Munari.
Le
pagine, lette in fila, raccontano il potere delle storie, ma a seconda
di come vengono disposte, a seconda degli angoli creati, la concertina
si trasforma.
Può diventare un fortino, in cui barricarsi.
O sdoppiarsi in due piccole tende gemelle, da dividere con fratelli, sorelle, genitori o amici immaginari.
░U░n░ ░l░i░b░r░o░ ░è░ ░u░n░ ░r░i░f░u░g░i░o░.
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